Spentosi il secolo delle grandi idee universalistiche, della prospettiva unificatrice della triade settecentesca eguaglianza-libertà-fraternità, può apparire veramente «minima» (così lo strillo in copertina) la proposta del costituzionalista Michele Ainis nel suo La piccola eguaglianza.
Non si tratta di una riflessione storico-teorica sull’evoluzione del concetto, bensì di una sua possibile declinazione nel micro, nel locale, in una prospettiva di comunità ristretta ma inclusiva. Prima di arrivare al modello offerto, quello dell’«eguaglianza molecolare», occorrono alcune premesse fondate su constatazioni frutto di una osservazione acuta (e a tratti ironica, se non sarcastica) di talune diseguaglianze del nostro quotidiano.
Sono episodi, quelli che aprono il libro di Ainis, che rimandano a situazioni comuni nelle quali è difficile non percepire l’ingiustizia e il senso di accanimento che talvolta animano l’intervento repressivo di enti di controllo, forze dell’ordine, magistratura. Applicazioni formali di codici che si trovano a cozzare su più piani con la teoricamente garantita equità di trattamento tra il micro e il macro, tra il singolo cittadino e la lobby di turno, tra il malcapitato incolpevole straniero e il reo gaudente di piena cittadinanza, tra il punito e – a parità di colpa – l’impunito. Con la conseguenza sociale e culturale insieme, di alimentare un clima di scontento e una percezione di sostanziale iniquità che trova buon gioco a diventare oggetto di propaganda politica in senso populista.
Talvolta, i trattamenti implicitamente discriminatori trovano sede anche nei provvedimenti legislativi, nel ricorso a decreti legge d’urgenza che, come spesso accade, sono in seguito bollati di incostituzionalità o dalla Corte italiana o da quella europea: la riflessione di Ainis tocca anche e soprattutto il ruolo della Corte Costituzionale, cui in ultima istanza è demandata la verifica non solo della legittimità di taluni provvedimenti, ma del loro conformarsi allo spirito di eguaglianza formale sancito dalla nostra Costituzione, e da quella europea. Non solo, perché compito della Corte è anche quello di temperare – grazie ad affermative actions – proprio le diseguaglianze, riequilibrando indebite posizioni di svantaggio mediante azioni di redistribuzione nel campo dei diritti sociali, a tutela di soggetti discriminati o esclusi.
In questa azione, positiva, di rimedio alle ingiustizie che colpiscono a vari livelli specifici elementi del corpo sociale (contraddistinti dall’appartenenza di genere, nascita, credo religioso, convinzione politica) l’autore individua i germi di quella «piccola eguaglianza» che, nell’impossibilità di porre rimedio alle grandi ingiustizie di questo secolo, agisce per ridurre le discriminazioni volontarie e involontarie del corpo legislativo e della prassi attuativa