Frutto della proficua collaborazione tra specialisti in sociologia, economia e diritto, il libro della Fondazione Feltrinelli curato da Davide Lampugnani (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) si propone di ragionare in maniera sistematica su tutte le componenti del nuovo quadro aperto dall’impatto delle nuove tecnologie nei meccanismi relazionali che compongono la sfera economica e sociale.
Materia densa e complessa, che gli autori delle tre sezioni di cui si compone il volume (produzione del valore, dispositivi finanziari e quadro giuridico) riescono a rendere estremamente agevole grazie ad apprezzabili doti di sintesi e chiarezza espositiva.
Il risultato non è solo una sistematizzazione delle nuove forme socio-economiche affermatesi nell’ultimo decennio, ma rappresenta anche un bilancio intermedio di alcune di queste, che agli esordi avevano suscitato negli osservatori un relativo ottimismo, progressivamente scemato alla luce delle diseguaglianze e delle storture del mercato indotte da alcuni grandi attori di tali processi.
Di cosa ragioniamo, innanzitutto, in Co-Economy? Di una vasta gamma di pratiche, strumenti finanziari e norme sottese ai processi alla base della nuova economia collaborativa. Un modello che, come nelle versioni precedenti alla rivoluzione 4.0, si basa sì sulla produzione del valore e sui giochi dello scambio su cui insisteva lo storico Fernand Braudel nel descrivere i caratteri fondanti del capitalismo mercantile e finanziario, ma si muove in spazi e secondo connessioni tra i soggetti profondamente mutati.
Le nuove tecnologie digitali, le reti mobili che hanno consentito la pervasività delle connessioni grazie ai social network, hanno abilitato mezzi di produzione e modelli di consumo inediti, fondati su modalità collaborative (sharing).
Ne troviamo applicazione nei campi più diversi, nei trasporti, nell’accoglienza turistica, nei meccanismi di finanziamento dell’industria culturale, nell’intervento comunitario nei beni comuni, nelle pratiche di condivisione di spazi e servizi (Condiviso).
La ricerca non si limita però a una semplice sistematizzazione delle nuove forme socioeconomiche affermatesi nell’ultimo decennio, ma rappresenta anche un bilancio intermedio di alcune di queste, che agli esordi avevano suscitato negli osservatori un relativo ottimismo. Non tutte le applicazioni hanno avuto infatti ricadute omogenee: basti considerare il ruolo assolto dalle grandi piattaforme nei mercati di beni e servizi, che hanno stravolto e tradito i presupposti iniziali della sharing economy.
Proprio alla luce delle diseguaglianze e delle storture del mercato indotte dalle concentrazioni di poteri e dai fenomeni di finanziarizzazione spinta – generativi di impatti consistenti sui tessuti urbani, sulla qualità dell’occupazione e sulle relazioni sociali – appare di estrema importanza la riflessione su forme alternative, in grado di riallacciare i meccanismi di produzione di valore ai valori e alla costruzione dal basso di nuove e più sostenibili economie (qui l’estratto sul platform cooperativism di Lampugnani e Venturi).
Le interazioni fra cooperazione ed economia collaborativa, indagate per la prima volta nel 2015 dalla ricerca della Fondazione Unipolis, negli ultimi anni sono state alimentate da nuovi strumenti giuridici e finanziari, quali l’impresa sociale, le cooperative di comunità, la finanza a impatto. Anche grazie a questi passaggi, si sta rafforzando l’ibridazione tra le forme tradizionali di impresa (modificando le forme stesse di rendicontazione dell’attività d’impresa sulla società e sul territorio), prefigurando evoluzioni che investono direttamente la progettualità e le forme di intervento della cooperazione.
Co-economy: un’analisi delle forme socio-economiche emergenti, a cura di Davide Lampugnani, introduzione di Mauro Magatti, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2018, p. 228
Il libro sul sito dell’editore