«Ciò che distingue la cooperazione da tutti gli altri movimenti è che appare allo stesso tempo una solida, serena e saggia impresa, e una forte, intensa e attraente fede».
Quando pronuncia queste lusinghiere parole, nel suo discorso inaugurale al XXI Congresso dei cooperatori tenutosi a Ipswich il 10 giugno 1889, il sessantacinquenne Alfred Marshall (1842-1924) è al culmine della carriera accademica come docente a Cambridge, ed è prossimo a dare alle stampe la sua opera più importante, Principles of Economics (1890).
Chiamato a presiedere il Congresso nel ruolo assolto prima di lui da cooperatori del calibro di George Jacob Holyoake e Vansittart Neale, l’economista londinese assume il compito assai seriamente, tanto da tralasciare l’opera di revisione dei Principles per dedicarsi alla stesura del testo pubblicato ora in questa preziosa antologia.
Sinora noto agli studiosi solo in inglese, il discorso di Ipswich (On Co-operation), è stato ora finalmente tradotto da Tito Menzani e pubblicato negli Scritti di economia cooperativa, editi dal Mulino con la curatela di Antonio Zanotti.
Gli scritti di Marshall sono preceduti da una introduzione di Stefano Zamagni, dove è correttamente sottolineata la valenza di questa pubblicazione promossa dalla Fondazione Barberini, dalla Fondazione Giovanni Dalle Fabbriche e dal Consorzio nazionale «Meuccio Ruini», che conferisce sostanza e alimento alla fortuna del pensiero di Marshall nella teoria cooperativa, colmando una lacuna nella bibliografia italiana sulla cooperazione.
La prefazione di Zanotti dà conto della evoluzione del ragionamento da parte dello studioso britannico sugli aspetti economici e sociali della forma cooperativa. Se questo scritto, infatti, rappresenta meglio di altri la passione e l’interesse di un economista avvezzo a ragionare a mente fredda ma con il cuore caldo, non meno interessanti sono gli altri brani inclusi nell’antologia (cronologicamente antecedenti e successivi), pur privi della naturale enfasi legata alla circostanza e alla tipologia di uditori*. Testi che evidenziano una visione articolata dell’organizzazione economica cooperativa, che tiene insieme l’associazione tra produttori o consumatori in senso stretto con le strutture di secondo grado e con i fenomeni di collaborazione tra soggetti imprenditoriali di varia natura, nel quadro complessivo di una attenzione verso la globalità dei fenomeni di associazione economica in grado di far risaltare le attitudini e le energie migliori dei lavoratori, che altrimenti andrebbero disperse. Soltanto il movimento cooperativo, sostiene Marshall, è in grado di trattenere e mettere a profitto questo surplus di capacità, questo capitale umano che l’organizzazione capitalistica dell’impresa (che non ha il medesimo scopo sociale) non può tenere in considerazione.
Portrait drawing of physicist Alfred Marshall Mayer: Appletons’ Cyclopædia of American Biography, v. 4, 1900, p. 274. By Jacques Reich (based on an earlier work) [Public domain], via Wikimedia Commons
Le pagine che Marshall dedica alla cooperazione testimoniano un interesse critico verso la teoria e la pratica cooperativa ampiamente condiviso dagli economisti liberali dell’ultimo quarto di secolo, nutritisi filosoficamente alle teorie positiviste alimentate dalla cultura del self-help e dalle suggestioni darwiniane. Il milieu nel quale si forma Marshall è l’Inghilterra vittoriana, industriale, coloniale e mercantilista, tesa alla ricerca di misure correttive allo sviluppo della concorrenza, improntate all’equità sociale e al miglioramento individuale attraverso pratiche di auto organizzazione. Prima di lui, John Stuart Mill aveva individuato tra i punti di forza della azione cooperativa l’elevazione morale e spirituale dell’individuo attraverso il lavoro affrancato dalla dipendenza e il perseguimento del bene comune, in un moto ascendente che avrebbe portato al superamento del lavoro salariato. Marshall si discosta dalla visione utopistica della cooperazione, sottolineandone invece la piena compatibilità con l’economia della libera iniziativa e con la proprietà privata.
Critico nei confronti delle ipotesi più radicali proposte da una parte del socialismo, il teorico del marginalismo e dei distretti industriali anticipa in queste pagine alcune grandi questioni che ancora nel presente gravano sulle organizzazioni: dal controllo da parte dei soci alla scelta e formazione della governance, dal reperimento delle risorse per formare il capitale sociale sino alla dialettica centralizzazione/autonomia e agli ambiti potenziali di sviluppo dell’attività delle società cooperative, da cui resterebbero preclusi, secondo l’economista inglese, i settori in cui fosse richiesta alta capacità manageriale.
Tale visione riduttiva dell’azione cooperativa (peraltro comune ad altri teorici coevi, come Paul Leroy-Beaulieu) a settori a bassa intensità innovativa si stempererà nel tempo, riflettendo il tasso di maturità e di sviluppo raggiunto dalle imprese cooperative a lui contemporanee, avanzando nel contempo altre argomentazioni critiche. Specialmente nell’ultimo testo qui proposto, del 1919, se sono leggibili tra le righe dedicate alla cooperazione di consumo le lodi verso l’azione calmieratrice dei prezzi condotta da queste in Europa durante il primo conflitto mondiale, sono allo stesso tempo evidenti le preoccupazioni di Marshall sull’identità e sulla tenuta dei valori del movimento in un contesto di crescita esponenziale dei volumi.
*Sono qui pubblicati: il capitolo IX di The Economics of Industry, scritto con la moglie Mary Paley nel 1879; parte dei capitoli VII e XII del libro quarto dei Principles of Economics del 1890 (Lo sviluppo della ricchezza: l’amministrazione delle imprese); i capitoli XII del libro quarto e VII del libro sesto degli Elements of Economics of Industry del 1892 (La gestione dell’impresa); infine i capitoli VII e VIII del libro secondo di Industry and Trade, pubblicato nel 1919 (Problemi generali di mercato: il commercio al minuto in massa).