Un atlante della democrazia energetica

Sebastiano Tringali - 15 Apr 2022 - 11:03

Nella ricerca di Luiss e RSE la prima mappatura ragionata delle Comunità energetiche rinnovabili: la partecipazione democratica nella transizione energetica

 

Le comunità energetiche, giova ripeterlo in un contesto informativo ancora largamente insufficiente a dispetto della rilevanza del tema e dell’interesse suscitato, consistono in una coalizione di utenti che, tramite la costituzione di un soggetto giuridico, decidono di collaborare con l’obiettivo di soddisfare le esigenze individuate dai soci, per produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti locali alimentati da fonti rinnovabili.

Costituiscono dunque una possibilità, praticabile e replicabile a seconda delle esigenze del territorio, di unire i consumatori di energia rinnovabile (cittadini, enti locali, imprese profit e non profit) ai fini di produzione, autoconsumo e immissione delle eccedenze nella rete nazionale, partecipando così attivamente al mercato energetico, alla transizione ecologica (grazie alla moltiplicazione degli attori e della diffusione territoriale) e alla democratizzazione di scelte impattanti sulle comunità e l’ambiente.

Si tratta quindi, vale la pena di inquadrare subito il tema, di modelli organizzativi potenzialmente forieri di benefici che travalicano la mera autosufficienza energetica, andando nella direzione di uno sviluppo locale fondato su quel connubio tra diversi attori locali (cittadini attivi, amministrazioni locali, imprese, credito) che abbiamo già visto realizzarsi proficuamente nelle molte imprese di comunità che da un decennio operano con finalità differenti, ponendosi obiettivi di rigenerazione di territori spopolati e dei molti piccoli Comuni che costellano per lo più le nostre aree interne. Il modello di unione organizzata del capitale umano e delle risorse economiche in latenza in una determinata comunità, attraverso meccanismi di governance aperta e partecipata che costituiscono l’autentica novità, e nello stesso tempo il recupero di pratiche comunitarie trascorse, insita in entrambe le esperienze.

Si tratta di imprese basate su un modello democratico di governo, in cui le decisioni sono prese dai membri della comunità che si associano in modo indipendente e autonomo, collaborando con altri attori del mercato senza che questi debbano diventare necessariamente membri delle comunità.

Sia nel caso delle cooperative di comunità, sia nelle esperienze sin qui maturate nelle prime comunità energetiche italiane, infatti, al ritorno finanziario per pochi attori si sostituisce il concetto di beneficio permanente a livello di comunità locale, anche in termini di creazione di competenze tecniche e manageriali, con intuibili effetti strutturali e di lungo periodo soprattutto per territori penalizzati dalle dinamiche demografiche ed economiche dell’ultimo mezzo secolo.

 

 

Una mappa delle comunità energetiche

In tale quadro, tenendo accuratamente insieme l’analisi delle relazioni sociali alla base dei singoli modelli organizzativi (per forza di cosa eterogenei) la missione socio-imprenditoriale e la valutazione dei benefici individuali e collettivi, si è mossa la ricerca condotta da RSE e Luiss Business School confluita nel report Community Energy Map. Una ricognizione delle prime esperienze di comunità energetiche rinnovabili, edito da FrancoAngeli nel 2021 per cura di Lorenzo De Vidovich (Università di Trieste), Luca Tricarico (docente di Economia dello Sviluppo alla Sapienza e assegnista alla Luiss) e Matteo Zulianello, viceresponsabile del progetto Comunità Energetiche per RSE (Ricerca Sistema Energetico).

Il documento, che costituisce una prima mappatura ragionata e puntuale del fenomeno in Italia, formulata secondo il metodo di ricerca qualitativo (ossia avvalendosi di focus group, verifica sul campo, interlocuzione con partner e stakeholders) fotografa le 23 imprese energetiche di comunità preesistenti alle modifiche legislative introdotte e approfondisce le peculiarità delle prime 24 CER accreditate o in fase di avviamento alla fine del 2021 in Italia in osservanza delle disposizioni legislative (recepimento direttive UE, Legge 8/2020, leggi regionali) la cui localizzazione, sostanzialmente distribuita in maniera uniforme sul territorio italiano, è rappresentata in figura.

Grazie alle puntuali e agili schede descrittive proposte in coda al volume, si entra nelle caratteristiche comuni e gli elementi distintivi delle singole esperienze comunitarie in campo energetico: il ruolo centrale delle pubbliche amministrazioni, l’impatto sociale in termini di benessere individuale e collettivo, le tipologie di ingaggio, inclusione e partecipazione delle comunità locali, la replicabilità del modello in ambiti territoriali differenti e le nuove tecnologie adottate, infine la scalabilità che consente in potenza di attivare economie di scala dei progetti di CER.

Una sezione specifica è naturalmente dedicata alle possibilità di finanziamento delle CER. Previste, come è noto, da due direttive europee (2018/2001/UE, conosciuta come RED II e 2019/944/UE, anche IEM) le comunità energetiche rinnovabili (CER) possono attualmente accedere agli incentivi erogati dal Gestore Servizi Energetici (GSE), cui lo Stato italiano ha dato mandato di promuovere queste ed altre forme energetiche non basate sull’utilizzo di combustibili fossili.

Gli interventi economici specifici si incrociano poi con altri importanti assi finanziari quali il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che alla Missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) prevede un fondo di garanzia da 2,2 miliardi per i prestiti ai Comuni fino a cinquemila abitanti per dare vita a nuove comunità energetiche, con obiettivi strategici che travalicano la situazione emergenziale nella direzione di arginare strutturalmente gli effetti sul fronte della povertà energetica.

Uno degli elementi di diseguaglianza tra i cittadini italiani più preoccupante, rapidamente cresciuto sino a interessare 2,1 mln di nuclei familiari (l’8%) delle famiglie italiane nel 2020, ma tendente al raddoppio nel 2021 (4 mln di famiglie) secondo le ultime stime dell’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica – OIPE. Cifre che ancora non risentono degli effetti combinati della crisi energetica post pandemica e della gravissima situazione internazionale, per cui destinate drammaticamente a salire.

 

La comunità aperta e i suoi nemici

Le risorse, benché ingenti, previste dal Piano di resilienza non colmano certo l’estremo ritardo (soprattutto mentale e mediatico) accumulato dalla nostra nazione nell’approccio alla transizione energetica. Ma, parafrasando il titolo di un celebre testo di Karl Popper, quali sono i nemici delle comunità (aperte) energetiche?

È evidente innanzitutto un decifit informativo, che pure molti soggetti (Anci, Uncem, Legambiente, player del settore energetico, la stessa RSE) cercano attivamente di colmare con webinar, pubblicazioni e focus che vedono protagoniste le esperienze descritte nella citata pubblicazione Luiss-RSE, la aggiornano nell’evolversi della normativa e nella progressione delle comunità energetiche attive sul suolo nazionale.

Con il rapido aggravarsi della situazione internazionale, il dibattito pubblico sull’autosufficienza energetica (malamente declinata nel linguaggio mainstream in autarchia, spostandone semanticamente gli attori e l’ambito d’azione dai territori allo stato nazionale e indugiando sulla natura bellica del termine) risulta ora carente nelle sue premesse di sostenibilità, sbilanciato verso soluzioni anacronistiche e impattanti quali il ripristino delle centrali a carbone, l’avvento di nuovi rigassificatori, del nucleare civile o banalmente la ricerca di altri fornitori di fonti fossili.

Il dibattito stesso sulle rinnovabili, inoltre, risulta spesso accompagnato da considerazioni sulla sua presunta marginalità rispetto alle fonti energetiche tradizionali (a dispetto della quota elevata e in crescita raggiunta a livello nazionale) oppure dall’attacco a ogni vincolo esistente, paesaggistico o artistico che sia, in nome di una invocata deregulation, che in luogo di semplificare i processi burocratici abolisca le forme e gli organi di controllo esistenti, come se non esistessero alternative a montare pannelli fotovoltaici sui tetti di edifici di pregio oppure a perseguire il consumo di nuovi habitat anziché utilizzare le coperture del costruito.

Se non un nemico, l’ostacolo più evidente consiste quindi nella difficoltà diffusa nell’accettazione dell’obbligatorietà di un cambio di paradigma: una autentica inversione a U nella mentalità di chi guida o asseconda le scelte in materia energetica. Una rivoluzione che, come le altre, si fonda sulla conoscenza e la corretta informazione, sfrondata dagli eccessi di semplificazione e dalle permanenti tensioni alla polarizzazione dell’opinione pubblica.

Alkimie ha già dedicato al tema due approfondimenti seminariali, rivolti sia agli amministratori locali sia ai cittadini e alle imprese, cui hanno preso parte docenti universitari, operatori commerciali e community builders.

Dopo una prima rilevazione sul grado di conoscenza sull’argomento, grazie alla collaborazione con Coop Condiviso di Genova è stata ora avviata una rilevazione sul sentiment e sul posizionamento delle comunità energetiche rinnovabili nell’informazione tradizionale e social, di cui daremo conto sui nostri canali informativi.

 

Il report Community Energy Map. Una ricognizione delle prime esperienze di comunità energetiche rinnovabili è pubblicato in open access e liberamente scaricabile dalla piattaforma FrancoAngeli Open Access (http://bit.ly/francoangeli-oa), al link: https://series.francoangeli.it/index.php/oa/catalog/book/740

 

Sul canale You Tube di Alkimie i video degli incontri sulle comunità energetiche

 

Immagine di copertina: Renewable Energy - ©Michelle Tuttle, via Flickr

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